In foto particolare del quadro in mostra:
Tiziano Vecellio
Annunciazione
Olio su tela 280 x 193 cm

Tiziano

L’Annunciazione

Nel solco del successo della mostra sulla Flagellazione di Caravaggio di pertinenza della chiesa napoletana di San Domenico Maggiore, nonché nel solco della sperimentata collaborazione tra l’Arcidiocesi di Napoli, il Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno e il Museo di Capodimonte, il Museo Diocesano di Donnaregina ha il progetto di realizzare un’altra mostra analoga, questa volta sull’Annunciazione di Tiziano in origine conservata pur essa in San Domenico Maggiore e pur essa dal 1977 trasferita in deposito presso il Museo di Capodimonte.
Prima dell’arrivo a Napoli di Carlo di Borbone e dei celebri Tiziano della collezione Farnese oggi esposti a Capodimonte, l’Annunciazione di San Domenico Maggiore, firmata “Titianus fecit”, era l’unico dipinto del grande artista veneto presente in città, ammirato dagli artisti e dai viaggiatori. Era stato commissionato per la cappella voluta in quella chiesa dal ricco mercante e banchiere genovese Cosimo Pinelli, sul cui frontespizio si legge la data di dedica “1557”, lo stesso anno in cui Cosimo acquistava il prestigioso incarico di Gran Cancelliere del Regno, probabilmente per il tramite del figlio di quest’ultimo, Giovan Vincenzo Pinelli (1535-1601), che nel 1558 s’era trasferito a Padova, lì studiando botanica e medicina, costituendo nella sua casa una celebre biblioteca e un luogo d’incontro per gli intellettuali di mezza Europa, da Aldrovandi e Peiresc sino a Fulvio Orsini, a Torquato Tasso e a Galileo.
Tiziano lo dipinse nel momento della sua piena maturità, intorno o poco dopo il 1560, e con quella pittura libera e sfaldata, di sola luce e colore, che caratterizzerà tutto l’ultimo ventennio della sua attività, sulla scorta di quella – celebre e oggi perduta – eseguita nel 1537 per il convento di Santa Maria degli Angeli a Murano e incisa a stampa dal Caraglio e realizzandone anche una seconda versione, molto simile, per la chiesa di San Salvador a Venezia. A lungo trascurata, la tela napoletana fu riscoperta a inizio Novecento nella buia cappella della chiesa di San Domenico da Roberto Longhi, che ne commentò con il consueto acume il trionfo di luce celeste e di angeli in volo e gli azzurri intensi, i rosa e i bianchi (“Qui fumate lente bruciano di incensi per tutta la scena, e la velano e la svelano”), ed è oggi considerata una delle pale d’altare più importanti dell’ultimo Tiziano.
Una volta giunto a Napoli, questo capolavoro, del tutto fuori contesto nel panorama della pittura locale manierista e devota, molto legata da un lato alla tradizione toscana e dall’altro ai dettami della Controriforma, suscitò pareri contrastanti. Nella Biblioteca Nazionale di Napoli esiste un trattato manoscritto dello scienziato e botanico lucano Bartolomeo Maranta (Venosa 1500-Molfetta 1571), trasferitosi anch’egli a Padova e amicissimo di Giovan Vincenzo Pinelli, databile poco dopo il 1560, in cui egli oppone alle accuse di poca verosimiglianza, decoro e proporzione rivolte al dipinto dai poeti ed accademici Scipione Ammirato e Ferrante Carafa marchese di San Lucido l’esaltazione della “grazia”, il “capriccio”, l’“artificio” e l’“invenzione” qui messi in opera da Tiziano.
Nel Seicento esso divenne invece un modello impareggiabile di pittura libera, veloce e a suo modo “barocca” per molti pittori napoletani e specie per il giovane Luca Giordano, che la copiò almeno due volte tra il 1661 e il 1664 nelle Annunciazioni per la chiesa di San Ginés a Madrid e per il viceré Gaspar de Bracamonte e il convento delle Carmelitane Scalze a Peñaranda. A metà Settecento il biografo dei pittori napoletani Bernardo De Dominici affermò addirittura che il quadro di San Domenico Maggiore fosse una copia di Giordano fatta eseguire dall’altro viceré Pedro Antonio de Aragon al posto dell’originale di Tiziano da lui inviato in Spagna; e questo parere ha a lungo condizionato la fortuna del dipinto, ritenuto una copia da molte guide di Napoli dell’Ottocento e anche dalla letteratura su Tiziano, sino alla riscoperta del Longhi.
I restauri del 1788, del 1958 e del 2006 hanno di contro contribuito a restituire all’opera la freschezza straordinaria dei suoi colori e la forza visionaria delle sue luci; e la mostra che oggi si propone ambisce non solo a farla riapprezzare al grande pubblico, ma anche a riavvicinarla al Centro Antico di Napoli e alla chiesa in cui per secolo è stata esposta ed ammirata, riproponendone lo straordinario valore storico e religioso e rileggendone il rapporto con la cappella cui era destinata e con la famiglia – i Pinelli – che l’aveva commissionata.

Periodo Mostra

PROSSIMAMENTE

*Orari Mostra

Lunedì: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Martedì: Chiuso
Mercoledì: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Giovedì: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Venerdì: 9:30 – 18:00( Ultimo ingresso 17:30)
Sabato: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)
Domenica: 9:30 – 18:00 (Ultimo ingresso 17:30)

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Il Museo effettua servizio di orario continuato.⁠
*Gli orari possono subire variazioni⁠

Il Biglietto comprende:

Visita all’intero Complesso Monumentale Donnaregina;
Mostra: Tiziano a Donnaregina. L’Annunciazione